Su di lui sono stati pubblicati svariati articoli, libri ed hanno pure girato un discreto film. In questa pellicola, che riflette sull’inclusione sociale e il significato del lavoro vi è un passaggio in cui il protagonista si rende conto di essere divenuto improvvisamente anziano: il suo lavoro e la sua azienda vanno trasformandosi, tanto che lo invitano ad abbandonare il suo percorso porta a porta di sette miglia nella periferia di Portland, per un più confortevole ufficio attraverso cui continuare a perpetrare con successo le sue attività commerciali.
Bill Porter rifiuta e sceglie la pensione. Una scelta sofferta, ma che riflette l’atteggiamento di un uomo cocciuto ben conscio di come le proprie abilità esistano soprattutto grazie alla comprensione dei propri limiti. E’ quel grande spirito di osservazione che lo aveva accompagnato al riscatto ad aiutarlo a percepire le trasformazioni sociali, un mondo che ragiona secondo idee e principi differenti rispetto a quelli che aveva domato anche nel suo lavoro; valori impalpabili, quasi inafferrabili, a tratti incomprensibili, ma non per questo deprecabili.
Poi, l’altro giorno ho visto un altro vecchio venditore (a) Porta a Porta che purtroppo non conosce Bill Porter e la sua storia. Determinato, sicuro, sfacciato, con quella straordinaria capacità di leggere gli eventi e piegarli a suo vantaggio rispondeva acutamente alle domande di potenziali acquirenti. Poi compiaciuto di se stesso ha iniziato a sventolare un coloratissimo depliant da supermarket intitolato “I 100 successi di Milano” e si è giustificato: “Abbiamo contro un blocco pubblicitario terrificante”. La televendita continuava fino a quando il venditore ha sbottato: “ io non credo davvero potranno (…) andare a comprare lasciando a casa il cervello”.
Sicuramente nessun cervello resterà a casa, ma non sono così certo che tutti quanti si ricorderanno di quel depliant.