venerdì 25 novembre 2011

I soliti ignoti

L’Università degli Studi dell’Insubria, un (purtroppo) anonimo “imprenditore” bergamasco, e il Senatore Laboccetta sono i protagonisti di quelle storie che mi piace definire "familismo padano": massimizzazione dei propri vantaggi materiali nel breve periodo, con la convinzione che tutti gli altri si stiano comportando alla stessa maniera.
Queste vicende hanno origine nella ricchissima, modernissima e onestissima Lombardia, dove prosperando hanno avuto modo di divincolarsi per anni, e di giungere agli altari delle cronache nello stesso delicatissimo momento.

L’Università dell’Insubria nega la cattedra da professore ordinario al migliore tra i candidati di un concorso da 9 anni e 5 verdetti; tempo e giudici non sono ancora riusciti a dissuadere del contrario la commissione giudicante o quantomeno ad insinuare il loro il minimo dubbio ("Il chirurgo è il migliore e quindi lo bocciano").
L’ignoto industriale bergamasco, invece si è distinto per una ventennale arlecchinata che fieramente rivendica ricordandosi puntualmente ogni anno di non presentare la dichiarazione dei redditi ("Le tasse? Sono vent'anni che non le pago").
Il senatore Laboccetta finisce con il farsi  indagare per favoreggiamento avendo avuto la geniale idea di sottrarre un computer durante una perquisizione, per poi rivendicarne la proprietà e correre a depositarlo nei propri uffici di Palazzo Madama, rovesciandovi sopra la propria immunità parlamentare ("Bpm, pc sottratto alla Finanza indagato il senatore Laboccetta").

Tipiche scene da commedia all’italiana, che solo Marcello Mastroianni con il suo più famoso Tiberio può aiutarmi a superare, ritrovando un minimo di serenità: “Rubare è un mestiere impegnativo, ci vuole gente seria, mica come voi! Voi, al massimo... potete andare a lavorare!”

lunedì 14 novembre 2011

La proroga


Sarà anacronistico e forse un poco irrispettoso, ma con la caduta di questo Governo il mio primo pensiero è andato con un po’ di fastidio a Giulio Andreotti.
Forse questa volta lui non c'entra, ma ovunque ci si affretta a scrivere la parola fine sul berlusconismo, e così subito ho pensato al dinosauro della politica italiana che con tranquillità e indifferenza si appresta a superare anche questa glaciazione. 

Per me è sorprendente, ancora di più alla luce delle dichiarazioni rese personalmente non più di un mese fa, per smentire le voci che lo davano in precarie condizioni di salute: “Capisco che molti attendono un mio passaggio a "miglior vita", ma io non ho fretta e ringrazio tutti coloro ai quali sta a cuore la mia salute e in particolare il Signore per l'ulteriore proroga”.

Una proroga clamorosa che è difficile definire casuale per un uomo giunto alla quinta reincarnazione (cit. Beppe Grillo): a quanto pare Il Senatore vedrà quanto meno il 61° Presidente del Consiglio dei Ministri, se non nella peggiore delle ipotesi la XVII Legislatura. Ovviamente a Lui tutto ciò non interessa, impegnato a campare e magari a segnare gli albori di una Terza Repubblica in cui i problemi di oggi assomigliano maledettamente a quelli di ieri. 

In fondo stiamo parlando di uomo a cui hanno pronosticato la morte (morale, fisica, giuduziaria, politica...) più volte, abituato a vedere passare i cadaveri dei propri compagni e avversari politici,  questi giorni non possono che essere poco più di una normale parentesi di cui conservare qualche vago ricordo.
A noi, che che abbiamo vissuto solo questi tempi, non resta che la speranza di una altrettanto sconvolgente proroga in cui provare a sistemare le cose.

lunedì 7 novembre 2011

L'allarme


Ho capito, è una cosa normale. Mai assuefatti all’emergenza rimaniamo sorpresi dall’inquietudine del peggio: uno stato di tensione emotiva suscitato dal timore di un pericolo perennemente presente.
Negli Stati Uniti il prossimo 9 novembre verrà testato il sistema d'allarme nazionale d'emergenza: alle 14 di Washington tv e radio interromperanno ogni tasmissione per testare l'efficacia del sistema, per poi scusarsi invitando tutti a continuare ordinatamente la propria esistenza.

Anche qui ogni circostanza ha il suo allarme, una trascurata necessità meritevole di attenzione immediata che velocemente sparisce soppiantata dalla nuova urgenza: l’acqua, il debito, il fango, lo spread, la pensione, il lavoro, la sicurezza, gli stadi, gli immigrati, i giovani, la scuola, la giustizia, Cassano, il governo, il fisco, le buche sulle strade, la fine del mese.

Assilli più o meno sensati con cui si è costretti a misurarsi, non bastano mai: un’ansia perenne che ci vorrebbe vigili e attenti ma che invece ci assopisce fino ad una nuova emergenza. Così ciclicamente rincorriamo i nostri problemi affrontando le circostanze ma facendoci scivolare tra le mani le soluzioni, sfidando continuamente quella sorte che finisce per presentarci ogni volta un conto troppo salato.

venerdì 28 ottobre 2011

Lettere


Di questi tempi lettere di ogni sorta sembrano materializzarsi all’improvviso come fossero una mania le cui cause restano un interrogativo interessante.
È pur vero che i Romani già ci avevano avvertiti - “Verba volant, scripta manent” - ma secondo me siamo di fronte ad una moda dal sapore antico che ci riporta indietro nel tempo, a quando ambasciatori a cavallo rincorrevano le notizie di questo o quel ducato, cercando di legittimare la parola della propria Signoria. Un mondo intrigante, dove la parola data aveva un valore relativo oserei dire aleatorio, e la carta sembrava rincuorare e garantire quasi fosse un giudice equanime.

Certezze e legittimità. Che sia la strenua ricerca di queste prospettive che ci ha riavvicinati a carta e penna? E' una teoria abbastanza curiosa, ma considerati i tempi che stiamo affrontando, sistemare parole come fossero i mattoni di un muro può aiutare a definire le strade che vogliamo percorrere.

Forse è paradossale, ma cerchiamo ostinatamente dei vincoli che sappiano ordinare la nostra esistenza: una lettera resta pur sempre un insieme di parole pronunciate con le quali siamo chiamati costantemente a confrontarci; atti che solitamente vincolano le nostre intenzioni, le nostre azioni, i nostri pensieri, i nostri sentimenti, da cui non si può sfuggire se non per sentirsi più incompresi. Così finisce che ci consegniamo al convincimento che le parole scritte abbiano maggiore valore.

Ecco, ci sono: scriviamo lettere per apparire più onesti, quando essere semplicemente onesti diventa pericolosamente inutile.

lunedì 24 ottobre 2011

Commissariati


E’ odioso essere commissariati, essere cittadini di uno Stato a sovranità limitata, a cui premier stranieri dettano l’agenda delle riforme e impongono tre giorni di tempo per dare risposte.

È irritante assistere ai risolini e agli ammiccamenti di Merkel e Sarkozy quando sentono parlare d’Italia e di Berlusconi: ciò non è accettabile ed è irrispettoso.

È umiliante ascoltare che l’Europa ci considera alla stregua della Grecia, anzi - a quanto ci risulta - al vertice di ieri è stato detto che «in questo momento non solo l’Italia è in pericolo, ma è il pericolo».

Il rispetto però ce lo si conquista con la credibilità e mantenendo gli impegni e tutto questo a noi manca da troppo tempo. Siamo il malato d’Europa perché il governo è paralizzato e non riesce a indicare una direzione di crescita e riforme. In tutto il Continente, pur tra mille divisioni, si concorda su una cosa: o il premier italiano cambia improvvisamente marcia o - per il bene di tutti - si fa da parte seguendo l’esempio spagnolo.

lunedì 17 ottobre 2011

L'Indiano Radicale


Lo so, sarebbe facile parlare degli scontri tra manifestanti (o almeno quanti vengono assimilati come tali) e le forze dell’ordine arrangiando motivazioni fittizie o tedianti come se sentono e leggono da tutte le parti, cancellando di fatto la marcia di quanti c’erano  (il 99%) per manifestare e lanciare un messaggio di indispensabile discontinuità economica, sociale e politica.

Così ho deciso di parlarvi di un eroe civile per molti ormai decaduto. Marco Pannella, leader radicale (definito capo tribù dai suoi stessi compagni, anche se senza incarichi di responsabilità nel partito), sabato ha provato a mischiarsi tra i manifestanti. La sua marcia ha raccolto sputi, frustrazioni, insulti, legati principalmente al comportamento di parte dei deputati radicali durante il voto di fiducia del giorno precedente a Montecitorio.

Pare che l’obiettivo della sua presenza nella manifestazione fosse quello di mostrarci come l’informazione abbia riorganizzato le menti degli indignati, che quindi sarebbero prigionieri di un pensiero massificato pericolosamente forviante.
Onore a Pannella perchè indignarsi tra gli indignati è indice di coraggio, un filo di pazzia e probabilmente anche un po’ di autolesionismo, tutte caratteristiche che il capo tribù possiede da tempo immemorabile, ma che nonostante i suoi elaborati obiettivi finiscono solo con il mostrarci un “pensiero indignato” ingenuamente e genuinamente lineare dove onestà, trasparenza, responsabilità paiono finalmente acquisire un valore. Veri ideali che superano ogni ideologia, che meriterebbero di essere compresi, ascoltati, discussi e magari finalmente riproposti in un Parlamento che pare aver smarrito quella dignità che ogni manifestante rincorreva mentre  allontanava l'indiano radicale.

venerdì 7 ottobre 2011

Passaparola


Durante il mio primo anno di università un professore mi propose di studiare come si diffondessero le voci tra gli studenti all’interno della facoltà. Allora io lo guardai allucinato perché non credevo come questa questione potesse essere minimamente rilevante per una matricola stressata che voleva finalmente capire quali sarebbero stati i temi dell’esame.
La settimana scorsa ho comprato “L’arte del passaparola” di Andy Sernovitz e ho capito il valore di quella proposta.
Sernovitz è stato tra i prima a cogliere l’importanza delle “chiacchere” nel successo di un prodotto. La sua analisi è lineare, limpida, coraggiosa perché mette in fila una serie di pregiudizi, convinzioni e suggerimenti per chiunque si occupi di marketing o voglia semplicemente promuovere un idea.
Tutto ruota intorno ad una semplice convinzione: la gente ama parlare; probabilmente stanno già parlando di noi, quindi tanto vale intervenire nella discussione e dire cosa ne pensiamo.
La forza dei pareri e delle opinioni delle persone sono la chiave dell' apprezzamento di una proposta, dove la pubblicità non è più necessaria. Pensateci: chi di voi è mai stato in un ristorante suggerito da un amico? Quanti perchè sentito alla tv?
In un mondo in cui si vive di pubblicità questo libro fornisce suggerimenti, aneddoti, casi di successo e insuccesso, che finiscono con il convincerti che come recita la quarta di copertina “vi è solo una cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è non far parlare di sé”.
Lo so, non tutti sarete d’accordo, ma mentre lo state pensando siete gia vittime di un passaparola le cui conseguenze sfuggiranno ben presto alle vostre mani.

mercoledì 28 settembre 2011

Parole Vuote


Non so cosa ne pensiate, ma è evidente; ci siano parole e pensieri che hanno perso ogni significato. Dove non arriva l’abuso ci pensa l’usura, in un vortice che si dimostra capace di risucchiare le convinzioni più radicate come quelle appena accennate.
È un meccanismo perverso dove smentire viene prima di capire, e dove opinione è sinonimo di faziosità. Sinceramente ho sempre pensato che la libertà di espressione fosse un cardine del nostro vivere, soprattutto perché, al di là della inviolabile affermazione di un principio democratico, le riflessioni e le osservazioni sono in grado arricchire il pensiero comune, di allargare gli orizzonti, costringendoci a pensare sul valore di ogni convinzione.

Solo ora capisco che questa idea ha finito per diventare una prigione: riempire parole con un surreale convincimento momentaneamente rilevante, ci costringe ogni volta ad inseguire una spiegazione che finisce spesso con lo smaterializzarsi. L’unica reazione plausibile è un atteggiamento apertamente critico, fortemente interessato, nella testarda convinzione che il nostro regredire, prima o poi, si fermi continuando a parlare, a riflettere, per giungere ad una soddisfacente comprensione, nel rispetto della diversità.
Invece il comma 29 dell’articolo 1 del decreto contro le intercettazioni recita: “Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”. Insomma, non importa cosa scrivi o pensi, ma è fondamentale che se te lo chiedo, tu scriva anche il contrario.
L’abiura delle epoche passate credevo avesse dimostrato che riempirsi la bocca di parole vuote non sconfigge la Storia. Che il prossimo passo sia la scomunica?

giovedì 22 settembre 2011

Campo Minato


Tempo fa ricordo di aver seguito un interessante reportage che presentava le azioni di un reggimento militare italiano specializzato in sminamento in Libano.
Il terreno impervio e la presenza di civili sul territorio impediva loro di utilizzare macchinari specializzati nella loro azione, così che per mappare, individuare e rimuovere gli ordigni di un’area dove erano presenti fino a 451 ordigni in 600 mq hanno dovuto intervenire con grande cautela per consentire l’apertura di un primo varco sicuro dopo più di un anno di lavoro.
Un lavoro lento, meticoloso, rischioso, ma assolutamente necessario se si voleva lenire l’emorragia di mutilazioni e morti di quell’area riconsegnando un senso di sicurezza.

La situazione politico economica italiana credo sia molto simile a quella di quel campo minato. Dobbiamo costruite un percorso che ci permetta di riappropriarci del nostro futuro limitando menomazioni o perdite. Non può bastare l’illusoria  convinzione del movimento per sostenere di avere camminato, è necessario definire un piano d’azione che ci consenta di vivere con consapevolezza e realismo le difficoltà che ci attendono. Non si tratta di un percorso definibile a priori ma è certamente possibile prendere alcune precauzioni che possano aiutarci nel percepire contemporaneamente la complessità e la necessità dell’azione sui nostri problemi. 

Le mine antiuomo sono subdole, per questo diviene imprescindibile affidarsi ad un gruppo esperto, determinato, al quale non basti disinnescare un ordigno per sentirsi sollevato dall’azione, pronto a consumare il proprio ruolo, a non farsi distrarre da null’altro che non sia il proprio compito, pronto a studiare la prossima mossa.

I Nostri invece si gingillanno, le bombe non esplodono, ma intanto tutto intorno si impara a fare a meno di noi.

martedì 13 settembre 2011

Settembre


Mi scuserà Papa Gregorio XIII ma sono sempre più convinto che settembre sia il primo mese dell’anno. E’ evidente che in questo particolare periodo in cui le giornate si accorciano freneticamente, le temperature si incamminano verso il freddo, la gente riprenda quel naturale ritmo vitale che l’estate ci aveva in ogni modo invitato a trascurare.

Così a settembre ri-iniziano i grandi avvenimenti, il mondo sembra riappropriarsi di quei ritmi dimenticati per immergersi in una tempesta di date, eventi, e azioni. La scuola, il lavoro, le strade, lo sport, la tv, i quotidiani, la vendemmia, i treni, i tram, le palestre, i cinema, e perfino la politica si muovono verso un nuovo inizio, una nuova stagione di cambiamenti e trasformazioni.
Credo ci si confronti con uno spartiacque che ogni 12 mesi ci inganna, e ci invita fare bilanci  rispetto a ciò che è stato e ciò che potrà essere in un vortice di pensieri, preoccupazioni ed idee.

Quindi realizzo che questi tempi non sono così diversi da ieri, e che in fondo è affascinante rifugiarsi nella convinzione di poter cambiare ogni cosa lanciandosi verso in un nuovo inizio, lottando strenuamente affinché sia diverso dal precedente e contemporaneamente non rischi di diventarne una volgare imitazione, sempre alla ricerca di opportunità in cui riconoscere il valore del nostro passato.

martedì 6 settembre 2011

Folle indifferenza


È come al solito un gran parlare di avvenimenti, fatti, azioni, di cui capiamo sempre poco, impegnati continuamente a crogiolarci e arrangiare le nostre vite. Non voglio dire che tutto ciò sia per forza negativo, cerco solo di evidenziare una grande verità. Così quando un uomo decisamente confuso si lancia all’interno di una fontana per danneggiarne gli stucchi reagiamo nel unico modo che questa frenetica realtà ci impone: la solita indifferenza condita con indignazione e miseria.
Non cerco un paladino del patrimonio paesaggistico-culturale e nemmeno di impartire un qualche tipo lezione morale; anche io ho reagito con indifferenza, forse non mi sono fatto trascinare dalla posticcia tipica collera da esponente politico abituato a invocare dure quanto surreali misure repressive, ma certamente mi sono lanciato in qualche insolente commento.

Poi ho letto l’affermazione del vandalo psicopatico: “Sono rimasto sorpreso che nessuno mi abbia fermato”. E qui la mia orgogliosa indifferenza ha cercato velocissimamente ma inutilmente di sfuggire ad una stridente quanto straripante vergogna.

Un uomo entra in una fontana, con un sasso spezza, fende, infrange, tenta di ripetersi, ma nessuno osa distrarre la propria attenzione dalla tumultuosa quanto ordinaria esistenza che conduce, per impedire un gesto insensato, salvo poi ordinariamente indignarsi con famigliari amici e colleghi.

Così realizzo che di storie come questa ne esistono tante, anche con scenari, protagonisti e finali ben peggiori, capisco che queste ci sfiorino ogni giorno, eppure noi continuiamo a non vederle, a non sentirle, perpetuando una inconsapevole (non so fino a che punto) ma confortevole sbadataggine, che ad ogni scrollata di spalle sotterra le nostre responsabilità.

A volte la peggior pazzia è una sbadata indifferenza.

martedì 30 agosto 2011

Esercizi per illusionisti

I prestigiatori misurano le proprie abilità attraverso un dogma secolare: “distrazione, diversivi e divisione”.

Distrazione: Dominique Strass-Kahn è stato liberato e prosciolto da ogni accusa. Diversivi: molta della stampa che lo aveva condannato si trova ora a riabilitarne il nome e le gesta, mentre ci Dividiamo intorno a quel potere mediatico che lo aveva condannato in modo duro e impietoso, ora trasformandolo in un soddisfatto martire del terzo millennio.

In realtà, chiedendo l’archiviazione del Caso il procuratore di NewYork ha riconosciuto che le ricostruzioni dei fatti portate dalla giovane Nafissatou Diallo non avrebbero permesso di convincere dodici giurati sulla sua buona fede al di là di ogni ragionevole dubbio. Nessuno quindi nega il rapporto sessuale o la sua possibile natura violenta, quanto piuttosto la credibilità del teste accusatore in un processo.

Distrazione: i calciatori scioperano e viene rinviata la prima giornata del campionato di calcio di serie A. Diversivi: riassumendo il senso delle affermazioni di pensatori più o meno illuminati: “c’è crisi, questa scelta non è rispettosa verso chi lavora”. Divisione: finiamo col discutere sui motivi di una scelta incomprensibile; sarà stata una protesta contro un possibile aumento delle tassazione dei loro ricchi compensi o piuttosto una ribellione intorno alla questione del trattamento dei cosiddetti “fuori rosa”?

Anche qui, ci scopriamo incantati a fissare una bolla di sapone: la tassa diventasse legge non potrebbe essere minimamente evasa dai giocatori che con contratti subordinati si troverebbero a pagare come chiunque altro, mentre l'annosa questione legata a gestione/trattamento dei fuori rosa, diventa così insormontabile solo perchè finisce per incidere sui continui, esasperati e spesso schizzofrenici trasferimenti di quel calcio mercato attraverso cui vivono giocatori, procuratori, direttori sportivi, uffici legali e la stessa federazione.

In fondo “l'arte principale del prestigiatore, più ancora che nel trucco, consiste nel deviare l'attenzione dello spettatore, nel fargli ricordare le cose in modo diverso da come in realtà sono avvenute”.

lunedì 22 agosto 2011

Cercasi Protagonisti

Ci sono storie che si serbano nella memoria, alcune colpiscono, magari altre si vorrebbero dimenticare, e poi ci sono quelle scomparse, trascurate, aggiustate e riadattate. Chissà come serberemo questi mesi nelle pagine della storia.

A nessuno sarà sfuggito come grandi e piccole narrazioni accompagnino le nostre esistenze, poco importa come le registreremo, come entrino nelle nostre vite, tuttavia esse finiscono per riempire il nostro tempo con cui siamo chiamati abitualmente a confrontarci. Credo sia per questo che in ogni storia si affermano Protagonisti, più o meno significativi o lungimiranti, che con un potere straordinariamente misterioso leggono, adattano e piegano gli avvenimenti, insinuandosi e segnando un percorso che marchia le esistenze di molti altri.

Oggi, di fronte all’imperare della crisi finanziaria, alle rivoluzioni arabe, all’impotenza di sofisticati quanto cruciali sistemi democratici, personalmente sono alla ricerca di protagonisti in grado di segnare la nostra vita imprimendole uno slancio innovativo capace di scardinare sistemi, schemi, idee, ricominciando quell'inseguimento al benessere che si issa abitualmente a bene comune supremo. Fatico ad intravederne perché distrazioni e diversivi alimentano divisioni e pareri contrastanti, e pur non potendone fare a meno, finiscono per consegnarci una Storia sempre più arruffata ed indeterminata in cui sguazzano beatamente speculazioni, sfruttamenti e e frustrazioni.

In fondo è proprio come sostiene provocatoriamente Paul Krugman: se domani arrivassero gli alieni tutti i nostri problemi di oggi apparirebbero insignificanti perché nuove preoccupazioni ci costringerebbero a gestire nuove consapevolezze che guardandoci indietro scopriremmo essere state così proficue e cruciali.

E’ paradossale, ma siamo tutti coinvolti, con assoluta incoscienza riordiniamo di continuo le nostre priorità convinti di essere vittime di sistemi e trasformazioni di cui invece siamo artefici. Credo si sia un po’ tutti prigionieri del proprio egocentrismo, insicuri, soli, e spesso per questo privati della tranquillità spontanea che ci regala la frenetica quotidianità, dalla quale bisognerebbe ripartire per immaginare un nuovo protagonismo.

mercoledì 17 agosto 2011

Promemoria

Il nostro Tempo è ricco di menti creative, le cui invenzioni ci potrebbero facilitare la vita in modo considerevole. Attraversiamo i mari con l'energia e utilizziamo l'energia anche per liberare l'umanità da ogni spossante fatica muscolare. Abbiamo imparato a volare e siamo in grado di inviare messaggi e notizie per il mondo intero senza alcuna difficoltà grazie alle onde elettriche.

Tuttavia, la produzione e la distribuzione dei beni sono del tutto disorganizzate, tanto che siamo costretti a vivere tutti quanti nella paura di essere eliminati dal ciclo economico, soffrendo di conseguenza per mancanza di ogni cosa. Inoltre, a intervalli di tempo irregolari, popoli di differenti paesi si sterminano a vicenda così che anche per questa ragione chiunque pensi al futuro non può che vivere nella paura e nell'apprensione. La causa di ciò sta nel fatto che l'intelligenza e il carattere delle masse sono incomparabilmente inferiori all'intelligenza e al carattere dei pochi che producono qualcosa di prezioso per la società.

Confido che la posterità possa leggere queste mie asserzioni con un senso di orgoglio e di giustificata superiorità.

Albert Einstein (Messaggio ai posteri)

venerdì 5 agosto 2011

Obama 50

In questi giorni economicamente tumultuosi sui giornali ha trovato spazio il 50° compleanno di Obama. Il fatto è curioso, ma in fondo comprensibile: l’uomo nuovo della politica americana ed internazione deve lasciare alle spalle quella patina di novità che aveva accompagnato la sua candidatura alla Casa Bianca nel 2008, per suggerire agli elettori la sopraggiunta maturità.

Così dichiarazioni come, “Ho un po' più capelli grigi da quando ho iniziato questo lavoro, ma per il resto mi sento molto bene” o “Non sembro più molto giovane ma il nucleo del mio spirito è intatto” e ancora, “Sono abbastanza cresciuto per pensare di aver fatto errori a sufficienza che non ripeterò", assumono un valore del tutto particolare e lanciano la sua campagna per le elezioni del 2012.

Il pregevole tentativo di un rinnovamento non è una novità nella politica americana, ma è sorprendente come questo messaggio abbia trovato una diffusione così capillare, facendoci sentire partecipi di una scelta (quella del prossimo presidente) che non ci coinvolgerà direttamente ma che potrà avere ripercussioni importanti sulle nostre vite.

Improponibile è un paragone con la situazione italiana, dove il compleanno del Presidente del Consiglio è solo un'occasione per organizzare un festino in qualche privè, alimentando l’ipocrisia e la disillusione che da un po’ di tempo dominino il sistema politico ed economico. Mi conforta, però, vedere come vi siano ancora persone che percepiscono il peso delle proprie responsabilità, a cui non si sottraggono nemmeno nei momenti più difficili, cercando inesorabilmente una soluzione come sulla crisi del debito.

Sono certo che queste persone vi siano anche tra noi, solo meriterebbero maggiore visibilità: non abbiamo bisogno di un Obama italiano, ma di persone che dimostrino di compiere gli anni con la stessa serietà.

martedì 26 luglio 2011

P(riorità)D(iversità)

L’apprezzabile tentativo di tamponare i malumori intorno alla vicenda Penati e Tedesco che scuote le fondamenta del PD, temo finirà con l’allontanare dal partito quella “riscossa civica” che Bersani vorrebbe tanto accompagnare e cavalcare.

Bel gesto rinunciare alle proprie cariche o impegni istituzionali, stando attenti a salvaguardare la propria vantaggiosa posizione parlamentare, mantenendo in sospeso decisioni definitive, quali le dimissioni da deputato o senatore, in attesa di capire non si sa bene cosa. Dico questo perché quel codice deontologico “restrittivo” del PD, vituperato strumento di diversità, oggi impedirebbe ai vari Tedesco e Penati di presentare serenamente le proprie candidature per il parlamento, come a molti dei massimi esponenti del partito, anche solo per la questione dei raggiunti “limiti di età parlamentare”.

È questo usare continuamente “due pesi e due misure” che allontana dal PD i suoi potenziali elettori e riduce i valori del partito a semplici utopie buone solo per alimentare rimpianti. Visti i personaggi che affollano il nostro parlamento e la viscosità di un sistema incapace di rinunciare a privilegi e concessioni, meriteremmo di vedere in coloro che rivendicano una diversità civica maggiore fermezza ed intransigenza.

Inutile consumarsi cercando di comprendere se le accuse ai suoi esponenti siano vere o false, di questo si occuperà la magistratura. Un partito forte pronto a difendere i propri valori e principi fondativi rivendicherebbe le proprie prerogative ed accompagnerebbe questi signori alla porta senza paura di sbagliare, consapevole che compromettere la credibilità del progetto democratico spianerebbe la strada a speculazioni, dietrologie e disillusione alimentando il disprezzo di una "casta" che non si vorrebbe vedere prosperare.

È ora di riorganizzare le priorità: prima si salvaguardino gli ideali, poi eventualmente i parlamentari...per i quali ultimamente c'è fin troppo tempo.

mercoledì 20 luglio 2011

I fatti del silenzio

E' curioso ma di quei giorni nessuno ricorda il fastidio tedesco per l’irresponsabile posizione americana su Kyoto o le preoccupazioni per l’incontrollabile aumento del narcotraffico internazionale, le riflessioni italiane intorno alla sicurezza alimentare o la determinazione canadese nell’affrontare il tema dell’istruzione. Sembra impossibile ma era il 2001; un anno passato alla storia per le guerre del terrore, quel luglio vedeva i grandi della Terra crogiolarsi al sole di Genova con il mirabile quanto paradossale scopo di aiutare il mondo a stare meglio.

Dieci anni dopo non siamo a celebrare quei momenti, o a ricordare come una società civile indignata cercasse di sottolineare i paradossi attraverso cui si reggeva quella pantomima che gli organizzatori del Genova Social Forum volevano smascherare. Piuttosto tornano alla mente questori, prefetti, ministri e poi facinorosi, celerini, manifestanti, vittime, medici e parlamentari, in un potpourri di odori maleodoranti di idee, pensieri e riflessioni intorno all’organizzazione e gestione logistica di un evento che finiva per mostrare il bigottismo di molte istituzioni italiane incapaci ed impreparate ad affrontare o capire quei momenti.

Inutile nascondersi, i protagonisti furono gli scontri, i manifestanti, le forze dell’ordine, Carlo Giuliani, i BlackBloc, la scuola Diaz che insieme hanno vissuto più di 250 procedimenti, svariate inchieste, importanti condanne ed illustri condannati, ma nessun concreto responsabile.

Allora quei momenti che cercavano di riflettere la straordinaria virilità delle potenze economiche, appaiono oggi più come le riunioni di uno sciccosissimo condominio di decadenti aristocratici che difendono strenuamente i loro privilegi. Fatti che si vogliono dimenticare per sprofondandoli in un silenzio che non può che fare a botte con le nostre coscienze.

Aveva ragione Enzo Biagi: “il passato, alla luce di questi fatti, è una lezione inascoltata. Come è la storia.”

martedì 12 luglio 2011

Adagio leghista

Il 2 luglio 1985 Umberto Bossi dichiarava rispetto alla sua candidatura al Parlamento Romano: "Niente parolai che dopo, al momento opportuno, si tirano indietro; qui per fare marciare le cose ci vogliono ragazzi con gambe forti come a Varese".

Il 23 luglio 2011 a Monza apriranno le sedi di alcuni ministeri su iniziativa della Lega Nord. Ora è difficile sapere se si tratterà di targhe commemorative, divisioni distaccate, sedi operative o di rappresentanza, ma questa è l’iniziativa più concreta che la Lega è riuscita ad ottenere in quasi 9 anni di governo e più di 20 anni di presenza parlamentare.

La frenesia leghista ha prodotto un federalismo fiscale senza decreti attuativi, l’ennesimo pezzo di carta inatteso (ammesso che possa essere realmente la soluzione ad ogni nostro problema), una prevedibile disfatta rispetto al tema dell’immigrazione clandestina considerato il recente superamento della legge Bossi-Fini e l’ormai costante aumento di sbarchi a Lampedusa, senza dimenticare i surreali spot secessionisti per una insensata difesa delle identità di un territorio inventato (vedi scuola di Adro).

Di certo la Lega resta un partito legato al territorio, ma è tutto da dimostrare che questo si riconosca ancora in quelle rivendicazioni. Le elezioni non hanno segnato il consueto principio dei vasi comunicanti tra pdl e lega, tanto che ora i leghisti si trovano sempre più isolati ed alle prese con la consapevolezza che caduto questo governo difficilmente si potrà portare avanti il disegno federalista-secessionista.

Si dice che nella base molti chiedono una scossa che il vertice sa di non poter dare: si resiste al bisogno di staccare la spina al governo, meglio attendere il momento in cui non passerà più la corrente…“Il maggior coraggio a volte è la cautela” disse il parolaio varesino Umberto Bossi il 19 marzo 2011.

martedì 5 luglio 2011

Il giardino del Re

Non sono un appassionato di giardinaggio, ma c’è un evento, giunto quest’anno alla 125^ edizione, che mi entusiasma, e mi costringe a seguire le vicissitudini di un prato verde che in 15 giorni perde consistenza e lucentezza ma non il suo irresistibile fascino. Parlo di Wimbledon, il torneo tra i tornei del tennis antico e moderno che deve le sue fortune alla straordinaria magia che sanno regalare quei campi cosi difficili da leggere ed interpretare, che nascondono insidie tali per cui solo pochi possono vantarsi di aver compreso magistralmente.

Anche quest’anno quell’erba ha i suoi campioni: Novak Djokovic e Petra Kvitova sono riusciti ad ingraziarsi ogni filo d’erba con un gioco solido e spettacolare aggiudicandosi fama e rispetto.

Custodi, ad essere onesti, nemmeno troppo esperti che per quanto dotati restano giovani campioni che si candidano ad amministrare questo importante giardino in futuro, pronti a confrontarsi nuovamente con contendenti molto attrezzati, di fronte ai quali le loro incredibili affermazioni assumono caratteri irrisori.

Roger Federer 6 volte vincitore del torneo, oggi numero 3 delle classifiche mondiali è nonostante tutto considerato il custode delle chiavi (7 finali su 13 apparizioni) di quel giardino. Del suo tennis e delle sue vittorie si parla da anni, non esiste record che non abbia battuto o non possa battere, ma le sue parole congedandosi dal torneo non possono non colpire: Sono soddisfatto della mia prestazione. È difficile per me uscire dal torneo in quel modo, ma purtroppo a volte succede. Almeno per battermi ci è voluta una performance speciale, e questo è straordinariamente bello!”.

Un Re senza corona, ma che mai avrebbe rinunciato al suo giardino è una notizia di questi tempi; la massima è confermata: l'erba voglio cresce solo nel giardino del re...

martedì 28 giugno 2011

Euroindignato

L’Irlanda è fallita, la Grecia è spacciata, il Portogallo ha un cappio intorno al collo, la Spagna sta salendo su patibolo e alle sue spalle si intravede la solita Italietta sull’orlo del baratro. Un quadro edificante se si considera che nel frattempo i grandi d’Europa sono in una incontrollabile fibrillazione, incapaci di dettare la soluzione socio-economica adatta ad una situazione che essi stessi hanno contribuito a rendere così devastante. Quei meccanismi difensivi costruiti con grande ingegno e immensa fatica dopo mediazioni interminabili, che hanno fatto dell’area euro un mercato fiorente, ora non bastano più.

Di fronte a tutto questo si rimane spaesati, increduli, forse speranzosi che l’Europa possa porre la propria autorità ad di sopra delle varie frignacce della politica nazionale, nell’attesa di riscoprire quel vanto pionieristica che aveva reso il continente più ricco e sicuro riuscendo ad inchiodare ogni Paese alle proprie responsabilità.

Anche per questo molti giovani Cittadini hanno alzato la voce in molte parti d’Europa facendo della protesta contro sistemi nazionali immobili ed impotenti la nuova sfida, allo scopo di rivendicare un futuro in cui coltivare speranze e sogni, un diritto che i nostri padri si sono negati, ma a cui non possiamo rinunciare per costruire quel domani che questa classe politica non è mai stata in grado di immaginare.

Così si diffonde una giustificata indignazione, verso una politica incapace di progettare o immaginare un futuro al di fuori di schemi politici consolidati, dove i singoli paesi appaiono sempre più concentrati a misurare il proprio prestigio sulla base delle poltrone che occupano, al mirabolante scopo di difendere un arrabattato quanto imbarazzante status quo.

martedì 21 giugno 2011

Paradossi Nucleari

Molti di noi di fronte alle immagini della desolazione intorno alla centrale atomica di Fukushima hanno pensato che quei momenti fossero la testimonianza della arroganza di un popolo incapace di rinunciare all’atomo, che aveva finito per sottovalutarne i rischi.

Queste erano le considerazioni di cittadini che ripudiano il nucleare ormai per principio, che appaiono ancor più sorpresi quando scoprono che a preoccupare i giapponesi non sono le devastazioni ambientali o l’angoscia sulla salute di donne e bambini, ma piuttosto la scarsità di energia elettrica: il paese della tecnologia è terorizzato dall’idea che vi possano essere improvvisi quanto destabilizzanti black-out energetici.

Le conseguenze sono stupefacenti perché dall’11 marzo ogni cittadini si ingegna per risparmiare energia installando ovunque interruttori che spengono elettrodomestici in standby, abbassando le luci nelle case, nei negozi o per le strade, fino ad assume tratti rivoluzionari se si pensa che molte aziende hanno finito per approvare codici di abbigliamento “Super Cool Biz” che permettono di stare a maggior agio malgrado l’afa estiva, stravolgendo di fatto la famigerata etichetta giapponese. Se ciò non bastasse gli ascensori di molti uffici non vengono attivati e gli impiegati con le loro tenute estive (camicia hawaiana o polo e soprattutto niente cravatta!) devono presentarsi un ora prima per poter inerpicarsi sulle scale dell'edificio in cui ha sede il proprio ufficio che ora riesce anche a fare a meno dell’aria condizionata avendo ri-imparato a spalancare le finestre. Anche le compagnie ferroviarie hanno seguito la stessa strada e pare che alcune aziende di abbigliamento si stiano fregando le mani visti gli ingenti investimenti dei “salarymen” per adeguarsi ai nuovi codici di abbigliamento.

Viviamo l’ossimoro eco-nucleare, dove lo straordinario paradosso della dipendenza dal consumo energetico finisce per ricordarci che un uso responsabile ed efficiente delle risorse parte dalla capacità di ogni uomo di garantire con un piccolo gesto la tutela della vita della società, quanto la salvaguardia dell’intero pianeta.

mercoledì 15 giugno 2011

Virtù Umane

“Serve coraggio!” Improvvisamente riscopriamo il valore del coraggio, o forse ci accontentiamo di rincorrerne le straordinarie singolarità? Maroni, Tremonti, Draghi, Marcegaglia, Formigoni, il Papa, Obama e perfino Lady Gaga gridano alla “fortezza dello spirito” sospinti da una moltitudine confusa di fatti, opinioni, occasioni, rivendicazioni e problemi.

La cosa non mi sorprende perché in fondo il coraggio troppo spesso appartiene a chi non ha più scelte e deve misurarsi con paura, impopolarità, vergogna. Sembrerà paradossale ma parliamo di quella virtù umana, che nell’immaginario collettivo permette di non arretrare di fronte ai pericoli, di affrontare con serenità i rischi, di non abbattersi per dolori fisici o morali e, più in generale, consente di affrontare a viso aperto la sofferenza, l'incertezza e l'intimidazione, trasformando chi ne è capace in eroe mitico.

Penso a un pugile suonato che nonostante tutto si rialza pronto ad incassare un’altra dose di pugni, ma con la grande (e spesso insensata) speranza di rovesciare le sorti dell’incontro con un improvviso quanto devastante gancio sinistro. Nessuno ci crede, probabilmente nemmeno lui, ma si lancia divorato dai dubbi, immerso tra il proprio stupore e l’incredulità generale.

Nessuno immaginava che potesse cambiare tutto in quel momento, eppure più di 25 milioni di Cittadini ci hanno ricordato che, come amava ripetere Wiston Churchill, "il coraggio è la prima delle qualità umane, perchè è quella che garantisce tutte le altre".


giovedì 2 giugno 2011

Doghe Rotte

Dicono che il vento sia cambiato. Lo si legge un po’ ovunque sui giornali, lo si sente continuamente alla tv come alla radio, ma ancora non mi è chiaro se tutto ciò sia così clamorosamente significativo. Il dubbio mi ha assalito questa mattina quando ho appreso che a Pognano, provincia di Bergamo, circa 200 persone hanno organizzato un assalto ai magazzini di Aiazzone depredandolo. Pare che questi cittadini, vessati ed infuriati perché costretti comunque a pagare merce che sicuramente non vedranno mai, abbiano deciso di riprendersi da soli almeno parte di ciò che non è ancora chiaro a chi appartenga: lampade, materassi, reti, armadi, credenze, sedie, addirittura i pannelli dei pavimenti e della moquette degli uffici e parte dell’impianto elettrico, sono diventati per poche ore il palliativo e lo sfogo di persone stanche di non ottenere nulla.

Qualcuno ha parlato di giustizia fai da te, ma che in realtà si è materializzata in decine di denunce per furto e violazione di proprietà privata, recapitate proprio da quegli stessi tribunali impegnati a decidere le sorti dei beni lasciati in magazzino dal fallimento (truffa) della società di arredamento.

Ora, se per provare a trovare un po’ di giustizia, si insinua l’idea per cui sia necessario e legittimo ricorrere ad un altro reato, significa che il sistema sociale, economico e giudiziario stanno per collassare. E allora voglio aggrapparmi all’analisi di Mario Draghi che pur parlando di un paese insabbiato, rimane convinto che il suo declino non sia ineluttabile se si affronteranno coraggiosamente gli svariati ritardi strutturali che si sono accumulati negli ultimi decenni. Al primo posto ha indicato una riforma della giustizia civile capace di accelerarne i tempi, allo scopo di mettersi definitivamente alle spalle quella sua lentezza che ha finito per impoverire società e sistema economico.

Un consiglio che in fondo è anche una speranza. Dimentichiamo le toghe rosse ed occupiamoci di doghe rotte.

venerdì 27 maggio 2011

Venditore Porta a Porta

Bill Porter è oggi un anziano e felice pensionato americano. Affetto da paralisi celebrale dalla nascita, la sua è una tipica storia di riscatto Americano. A metà degli anni 90 il suo nome si è imposto al grande pubblico come uno dei venditori porta a porta di maggior successo della Watkins Company (importante agenzia di vendita degli anni 70-80).

Su di lui sono stati pubblicati svariati articoli, libri ed hanno pure girato un discreto film. In questa pellicola, che riflette sull’inclusione sociale e il significato del lavoro vi è un passaggio in cui il protagonista si rende conto di essere divenuto improvvisamente anziano: il suo lavoro e la sua azienda vanno trasformandosi, tanto che lo invitano ad abbandonare il suo percorso porta a porta di sette miglia nella periferia di Portland, per un più confortevole ufficio attraverso cui continuare a perpetrare con successo le sue attività commerciali.

Bill Porter rifiuta e sceglie la pensione. Una scelta sofferta, ma che riflette l’atteggiamento di un uomo cocciuto ben conscio di come le proprie abilità esistano soprattutto grazie alla comprensione dei propri limiti. E’ quel grande spirito di osservazione che lo aveva accompagnato al riscatto ad aiutarlo a percepire le trasformazioni sociali, un mondo che ragiona secondo idee e principi differenti rispetto a quelli che aveva domato anche nel suo lavoro; valori impalpabili, quasi inafferrabili, a tratti incomprensibili, ma non per questo deprecabili.

Poi, l’altro giorno ho visto un altro vecchio venditore (a) Porta a Porta che purtroppo non conosce Bill Porter e la sua storia. Determinato, sicuro, sfacciato, con quella straordinaria capacità di leggere gli eventi e piegarli a suo vantaggio rispondeva acutamente alle domande di potenziali acquirenti. Poi compiaciuto di se stesso ha iniziato a sventolare un coloratissimo depliant da supermarket intitolato “I 100 successi di Milano” e si è giustificato: “Abbiamo contro un blocco pubblicitario terrificante”. La televendita continuava fino a quando il venditore ha sbottato: “ io non credo davvero potranno (…) andare a comprare lasciando a casa il cervello”.

Sicuramente nessun cervello resterà a casa, ma non sono così certo che tutti quanti si ricorderanno di quel depliant.

martedì 17 maggio 2011

“Non è colpa mia”

Prendersi gioco delle proprie responsabilità è una moda di questi tempi, anzi una vera e propria corrente artistica che si esprime in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale.

Dominique Strauss-Kahn e Letizia Moratti non sono che gli ultimi illustri esponenti di questa corrente, e se ci si pensa bene per motivi nemmeno così tanto diversi l’uno dall’altra.
Il primo pare abbia avuto la geniale idea di aggredire nudo una cameriera, la seconda sembra sia riuscita ad assalire i propri elettori di dubbi: in entrambi i casi le vittime sono fuggite alla ricerca di un briciolo di legittimità che fortunatamente hanno trovato nelle istituzioni.

Così ambedue i nostri “artisti” si sono chiusi (o sono stati chiusi) in un isolamento forzato, presumibilmente alla ricerca di una soluzione o visione per sfuggire alla realtà: basta un’idea, un cavillo, un piccolo pertugio attraverso cui scivolare per riaccendersi come fari lampeggianti nel mare in tempesta che da sempre sviluppa la loro arte.

Ma, minata la loro credibilità, arriva il tempo del complotto: Letizia (o chi per lei) resisterà a far riecheggiare la parola brogli o inganni? E al libertino socialista francese basterà urlare all’ordito intrigo internazionale? Si sa, spesso agli artisti della politica sono tese trappole di vario tipo, ma solitamente (quali abili artisti) saltano o si scostano abbastanza da non cascarci dentro.

Ancora non abbiamo capito se si tratta di isteria o genialità, di certo l’Eliseo e Palazzo Marino sembreranno lontanissimi, vaghe speranze offuscate da troppa superbia, rabbia e stupore. Si impone così l’ennesima opera che non fatica ad essere annoverata tra i più importanti esempi di Surrealismo. Il titolo? “Non è colpa mia…”

venerdì 13 maggio 2011

Pancia Piena

Ho sempre pensato che la magia fosse un’illusione per bambini buona per passare qualche momento in spensieratezza, ipnotizzati dai movimenti delle mani di qualche bravo illusionista. Mai avrei pensato di dovermi ricredere o quantomeno di ridiscutere questa mia convinzione. Perché? Bene, credo che alchimisti e stregoni siano ancora tra noi ed esercitino il proprio potere con inesauribile determinazione e creatività.

Tranquilli, non è l’ennesima predizione della fine del mondo (almeno credo!), ma prima che mi prendiate per pazzo voglio precisare che non mi riferisco a quei presunti asceti che costruiscono predizioni scrutando i fondi del caffè o i tarocchi, magari infilzando alcuni spilli su di una bambolina intrisa di qualche reliquia trafugata o ereditata da un presunto lontano parente, ma ad un’attività che entra quotidianamente nelle nostre vite: la cucina.

Tagliare, affettare, impastare, sfiammare, grattugiare, unire, evaporare, spolverare, con tempi, tecniche e strumenti sempre diversi nei modi più strani e a volte stravaganti allo scopo di colpire favorevolmente il nostro gusto.

Non c’è nulla di rigorosamente scientifico in cucina, piuttosto un’ipotetica tecnica (che può anche servirsi di gesti, atti e formule verbali o di rituali appropriati) o dissennata arte (anche oscura) di mischiare gli elementi allo scopo di influenzare gli eventi, di dominare e domare la nostra volontà come un alchimista alla ricerca della formula della pietra filosofale.

D’ora in avanti quando sentirò parlare di caccia alle streghe vedrò di preoccuparmi: non sia mai che vengano a prendersi chi ogni giorno farcisce e farcirà il mio piatto contribuendo alla “magica” pace interiore di una pancia piena.

martedì 3 maggio 2011

Vendetta

“Abbiamo preso il bastardo!”, “Brucia all’inferno!”, “Dalla sua morte un mondo migliore!”, “Che serva di monito a chi si mette contro gli Stati Uniti e i suoi alleati”. In attesa di un video o di una foto in tutto il mondo si consumano titoli di quotidiani e riviste davvero rabbiosi: mai come in questi giorni ho assistito a una serie così vile e crudele di commenti. Tutte le maggiori forze democratiche (nazionali e ed internazionali) si sono abbandonate alla giustificazione della più inumana repressione: un omicidio volontario.

Improvvisamente le stesse forze che supportano la dignità democratica delle rivolte dei gelsomini soffiando sulle trasformazioni che stanno attraversando il mondo arabo si sono trasfigurate nei più duri e cinici estremismi che quotidianamente condannano.

Dico questo anche perché non ricordo nella mia vita una manifestazione così generalizzata di compiacimento nella crudeltà. Certo, la morte di Osama Bin Laden rappresenta il raggiungimento di un obiettivo con cui erano state plasmate e cresciute le menti americane nell’ultimo decennio, ma ciò nonostante il giubilo generalizzato lo trovo straordinariamente stridente.

Libertà, Giustizia, Democrazia, mai come in questa situazione sono state sacrificate in cambio di un paio di proiettili ficcati da chissà chi nel cervello di un uomo. Un pluriomicida con progetti terrificanti, incomprensibili, un uomo che aveva scelto di odiare, ma pur sempre un uomo, che nonostante tutto avrebbe comunque dovuto misurarsi con la straordinaria forza su cui si reggono i regimi democratici. Certo, non sarebbe stato facile gestire la sua cattura, detenzione e processo, ma in nome dei principi democratici che ognuno di noi onora e rispetta nella propria esistenza, credo si sarebbe dovuta seguire questa strada.

Questa convinzione è evidentemente sbagliata, perché si è preferita la massima: “ognuno è il frutto di ciò che gli è stato fatto. Il principio fondamentale dell'universo: a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”. Ha vinto la primitiva, odiosa, ma mai fuori moda legge del taglione. Inutile cercare di spiegare o capire. Vendetta.

Intanto compiacendoci calpestiamo la nostra dignità.

sabato 30 aprile 2011

Primi gemelli

Ho terminato proprio ieri di leggere “La solitudine dei numeri primi” di Paolo Giordano.
Non è mia intenzione fare una recensione al libro ma riflettere sullo spunto che guida l’intera opera: l’impossibilità per alcune persone di superare la propria imbarazzante solitudine costruita nel tempo della propria vita. L’impressione che si trasforma in percezione porta i protagonisti a rifugiarsi nelle uniche cose della loro travagliata esistenza che si presentano come certezze: la matematica e la fotografia.

Due persone, ma appunto due numeri primi gemelli: vicini, divisibili solo per se stessi o per 1, incapaci di entrare in contatto con i problemi dell’altro, scelgono ostinatamente la strada della solitudine, nel loro percepire e muoversi nel mondo. Si, perché Alice e Mattia costruiscono un legame capace di gestire le loro diversissime frustrazioni, senza accettarle, ma semplicemente ignorandole: crescono insieme ma divisi dai rispettivi fantasmi con cui non riescono proprio a fare pace.

Solo insieme potrebbero cambiare la propria vita riconciliandosi con il mondo: provano a conoscersi, lasciano che sia sempre l’altro a leggere o indovinare i rispettivi pensieri o emozioni, ma così finiscono per essere incapaci di scoprire da soli i propri sentimenti rivolgendo verso se stessi quello stesso muro che avevano creato verso il mondo.

Alla fine ci costringono alla domanda: “avrei fatto anche io quella scelta?” Ed è qui che avviene la magia; la risposta non conta più, perché abbiamo conosciuto l’intima complessità di due “primi gemelli” in cui le domande oscurano ogni risposta e inducono a sentirsi un po’ più soli con i propri problemi.

sabato 23 aprile 2011

Topi e pidocchi maledetti!

Sono giorni di grande stravaganza politica questi, e non mi riferisco alle abitudini del nostro presidente del Consiglio (il nostro timoniere), o agli azzeccagarbugli (gli ufficiali) seduti nel nostro parlamento, ma piuttosto all’immagine confusa e sfuocata che ne viene fuori.

Appare sempre più nitidamente come tutti abbiano abbandonato il timone; le vele sono in balia di un debole vento, ma nessuno si preoccupa di accudire la nave. Pare siano tutti (ufficiali, sottoufficiali e marinai) “sotto coperta” a chiedersi quanti siano i topi saliti incredibilmente a bordo, e soprattutto chi se ne debba occupare, senza mai dimenticare i pidocchi che infestano la vita del capo, perché così è impossibile continuare!

L’unico rimasto sul ponte della nave, ma ben lontano dal timone, è il nostro Giulio economo che ha la stessa fermezza di un mozzo in servizio permanente: oltre a lucidare le lampade, dare la cera o lavare i pavimenti non va. Certo vista la palese inconsistenza degli altri ha tutto il diritto di atteggiarsi come un salvatore con una certa insospettabile credibilità: ammirato per sua mirabolante determinazione nel sostenere la resistenza della nave (“nonostante tutto non affondiamo”!), è impegnato a spiegare che tutto va per il meglio se i suoi compagni di ventura possono permettersi di occuparsi di topi e i pidocchi.

A tutti piace erigersi tra i propri pregi, e così si finisce per coprire anche i più torbidi difetti; la nostra nave di acque agitate ne ha conosciute parecchie ed il carico di ambizione con cui i costruttori l’avevano varata e ammirata finisce per opacizzarsi e sbiadire: la nave fu costruita per giungere alla metà, ma ormai sempre a meno importa quando arriveremo, iniziando a preferire un profetico quanto preoccupante “se”.

Mentre discutono la nave imbarca acqua e inizia lentamente ma inesorabilmente ad affondare. Sul ponte nessuno se ne’accorge, si è tutti troppo impegnati a pensare a pidocchi e topi…

Il buon Giulio, in pace con la sua coscienza, solo sul ponte, intanto si gode un meritato riposo.

E quando saliranno sulle scialuppe e la preziosa nave sarà perduta, solo una cosa li sentiremo dire: “pidocchi e topi sono stati la nostra rovina!”

sabato 16 aprile 2011

Restiamo Umani

Non conosco Vittorio Arrigoni, non l’ho mai conosciuto, mai l’avevo ascoltato prima di ieri, mai il suo denunciare mi aveva raggiunto e ad essere onesti, probabilmente mai lo avrei incontrato se non fosse stato ammazzato. Certo conoscevo la truce realtà di Gaza, la durezza con cui Israele controlla e terrorizza il territorio, ma questo non attenua il senso di inadeguatezza rispetto ad una condizione che Vittorio Arrigoni combatteva e contribuiva loquacemente a denunciare.

Ho visitato il suo blog guerrilla radio, come molti in queste ore, e l’aspetto che mi ha colpito più di ogni incredibile denuncia che riempie le sue pagine di informazioni e opinioni, sono quelle tre righe di presentazione: “Guerriglia alla prigionia dell'Informazione. Contro la corruzione dell'industria mediatica, il bigottismo dei ceti medi, l'imperdonabile assopimento della coscienza civile. La brama di Verità prima di ogni anelito, l'abrasiva denuncia, verso la dissoluzione di ogni soluzione precostituita, L'infanticidio di ogni certezza indotta. La polvere nera della coercizione entro le narici di una crisi di rigetto. L'abbuffata di un pasto nudo, crudo amaro quanto basta per non poter esser digerito”.

Queste sono una denuncia, una giustificazione, una visione, una predizione, una vera e propria prospettiva capace di condensare e spiegarci il valore e il significato dell’azione, capirne la raffinatezza, la contemporanea avventatezza e l’avvilente consapevolezza.

Per oggi lo capiamo, lo ascoltiamo, ci sembra avere un po’ più ragione di ieri, ma domani? Il futuro era il suo dilemma, la spiegazione del suo dedicarsi ad una causa così terribilmente e desolatamente tollerata. Alla ricerca non semplicemente di un futuro migliore da confezionare, regalare o conquistare, ma un futuro vivido così diverso da molte opportunità immaginate da questo mondo moderno, incatenato e avvinghiato intorno a dilemmi politici, culturali, civili, religiosi cosi decisivi da privare ognuno di noi della capacità di discernere le vere priorità. “La sua speranza, quella di ricordare al mondo che l'equità, la giustizia, la libertà sono più che parole: sono prospettive”.

Tutto per rivendicare quel significato profondo che unisce ogni civiltà, che tenacemente ogni volta ci ricordava esortandoci: “restiamo umani”. Un messaggio il cui significato ogni uomo o donna custodisce dentro di sé, che dovremmo far riecheggiare in questa nostra sempre più stanca e livida civiltà. Personalmente ci proverò.

mercoledì 13 aprile 2011

Attenzione gas instabile

L'Ozono (simbolo O3) è un gas le cui molecole sono formate da tre atomi di ossigeno. È altamente instabile ed allo stato liquido è esplosivo.
Ha un odore penetrante - lo stesso che accompagna spesso i temporali, dovuto proprio all'ozono prodotto dalle scariche dei fulmini, e per questo il suo nome deriva dal verbo greco ὄζειν, "puzzare".
Per gli esseri viventi è un gas tossico, ma tuttavia essenziale alla vita sulla Terra in quanto è capace di assorbire la luce ultravioletta. L’ozono è presente negli strati più alti dell'atmosfera (sopra i 25 km di altezza) dove diversamente da altri gas serra che trattengono l'energia proveniente dalla superficie terrestre, questo assorbe e trattiene parte dell'energia proveniente direttamente dal Sole.

L’ozono è la chiave, l’unico vero scudo, la nostra opportunità, non se la passa troppo bene a quanto pare, ma continua imperterrito a svolgere la sua straordinaria funzione vitale. È incredibile come un gas così tossico rappresenti l’ancora di salvezza, ciò che ci permette di essere, di muovere, di pensare.

Ma il mio Ozono? perché nella mente? Bhe le analogie sono molteplici, a tratti sorprendenti. E’ sicuramente un gas impercettibile nel marasma della coscienza della rete, nel tempo si muoverà in maniera aleatoria, tratterrà e mi aiuterà ad esprimere i miei pensieri, dubbi, speranze, inquietudini, riflessioni; credo puzzerà perché non tutto quello che scriverò sarà piacevole ai miei come ai vostri occhi, la sua “inalazione” sarà nociva se non perfettamente compresa perché vorrei diventasse capace di incastonare principi o pensieri, ma contemporaneamente in grado di lasciar filtrare le opinioni di cui quotidianamente ci nutriamo.

Lo so, una questione resta aperta: questo blog sarà in grado di creare opportunità (anche solo per me stesso) come ha potuto fare l’ozono per la Terra? Non lo so e per ora non intendo pormi il problema, in fondo l’ozono ha avuto milioni di anni prima di favorire il plasmarsi di questo mondo: non credo avrò tutto questo tempo…

Cortocircuito

Alla fine dunque ci siamo. Assisto impotente ad un appiattimento culturale per me inverosimile. I fatti di Genova me lo mostrano crudamen...