Il dilagare di questa retorica sul terremoto è sicuramente legata alla repentina e devastante capacità distruttiva degli eventi sismici, in grado di riorganizzare le priorità e rendere desiderabile ciò che fino a poco prima poteva apparire del tutto superfluo, costringendoci a ricominciare sempre da troppo lontano.
Negli anni abbiamo conosciuto terremoti politici, giudiziari, scientifici, culturali, sportivi dai quali provare a trarre una lezione che potesse permetterci di andare avanti con maggiore serenità. Non so quante volte abbiamo potuto chiamarci soddisfatti ed osservare compiaciuti qualche trasformazione, ma i terremoti veri sono un'altra cosa: le persone muoiono, le comunità si smarriscono, cadono punti di riferimento, simboli, e ritornare ad una frugale quanto rituale quotidianità per molti diviene impensabile.
Credo che solo così si possano giustificare e comprendere le retoriche che vogliono i due milioni di euro di una parata devoluti ai terremotati. Un gesto insignificante e demagogico capace forse di alleggerire le coscienze, ma implicitamente di schiacciare il significato di una celebrazione come quella del 2 giugno a quel macismo militare che certamente poco somiglia a questa nostra Italia, ma che in fondo vuole ricordare il servizio dello Stato a questa nostra Repubblica che, nonostante tutto, sta provando per l'ennesima volta a rinascere dalle proprie macerie.