venerdì 28 ottobre 2011

Lettere


Di questi tempi lettere di ogni sorta sembrano materializzarsi all’improvviso come fossero una mania le cui cause restano un interrogativo interessante.
È pur vero che i Romani già ci avevano avvertiti - “Verba volant, scripta manent” - ma secondo me siamo di fronte ad una moda dal sapore antico che ci riporta indietro nel tempo, a quando ambasciatori a cavallo rincorrevano le notizie di questo o quel ducato, cercando di legittimare la parola della propria Signoria. Un mondo intrigante, dove la parola data aveva un valore relativo oserei dire aleatorio, e la carta sembrava rincuorare e garantire quasi fosse un giudice equanime.

Certezze e legittimità. Che sia la strenua ricerca di queste prospettive che ci ha riavvicinati a carta e penna? E' una teoria abbastanza curiosa, ma considerati i tempi che stiamo affrontando, sistemare parole come fossero i mattoni di un muro può aiutare a definire le strade che vogliamo percorrere.

Forse è paradossale, ma cerchiamo ostinatamente dei vincoli che sappiano ordinare la nostra esistenza: una lettera resta pur sempre un insieme di parole pronunciate con le quali siamo chiamati costantemente a confrontarci; atti che solitamente vincolano le nostre intenzioni, le nostre azioni, i nostri pensieri, i nostri sentimenti, da cui non si può sfuggire se non per sentirsi più incompresi. Così finisce che ci consegniamo al convincimento che le parole scritte abbiano maggiore valore.

Ecco, ci sono: scriviamo lettere per apparire più onesti, quando essere semplicemente onesti diventa pericolosamente inutile.

lunedì 24 ottobre 2011

Commissariati


E’ odioso essere commissariati, essere cittadini di uno Stato a sovranità limitata, a cui premier stranieri dettano l’agenda delle riforme e impongono tre giorni di tempo per dare risposte.

È irritante assistere ai risolini e agli ammiccamenti di Merkel e Sarkozy quando sentono parlare d’Italia e di Berlusconi: ciò non è accettabile ed è irrispettoso.

È umiliante ascoltare che l’Europa ci considera alla stregua della Grecia, anzi - a quanto ci risulta - al vertice di ieri è stato detto che «in questo momento non solo l’Italia è in pericolo, ma è il pericolo».

Il rispetto però ce lo si conquista con la credibilità e mantenendo gli impegni e tutto questo a noi manca da troppo tempo. Siamo il malato d’Europa perché il governo è paralizzato e non riesce a indicare una direzione di crescita e riforme. In tutto il Continente, pur tra mille divisioni, si concorda su una cosa: o il premier italiano cambia improvvisamente marcia o - per il bene di tutti - si fa da parte seguendo l’esempio spagnolo.

lunedì 17 ottobre 2011

L'Indiano Radicale


Lo so, sarebbe facile parlare degli scontri tra manifestanti (o almeno quanti vengono assimilati come tali) e le forze dell’ordine arrangiando motivazioni fittizie o tedianti come se sentono e leggono da tutte le parti, cancellando di fatto la marcia di quanti c’erano  (il 99%) per manifestare e lanciare un messaggio di indispensabile discontinuità economica, sociale e politica.

Così ho deciso di parlarvi di un eroe civile per molti ormai decaduto. Marco Pannella, leader radicale (definito capo tribù dai suoi stessi compagni, anche se senza incarichi di responsabilità nel partito), sabato ha provato a mischiarsi tra i manifestanti. La sua marcia ha raccolto sputi, frustrazioni, insulti, legati principalmente al comportamento di parte dei deputati radicali durante il voto di fiducia del giorno precedente a Montecitorio.

Pare che l’obiettivo della sua presenza nella manifestazione fosse quello di mostrarci come l’informazione abbia riorganizzato le menti degli indignati, che quindi sarebbero prigionieri di un pensiero massificato pericolosamente forviante.
Onore a Pannella perchè indignarsi tra gli indignati è indice di coraggio, un filo di pazzia e probabilmente anche un po’ di autolesionismo, tutte caratteristiche che il capo tribù possiede da tempo immemorabile, ma che nonostante i suoi elaborati obiettivi finiscono solo con il mostrarci un “pensiero indignato” ingenuamente e genuinamente lineare dove onestà, trasparenza, responsabilità paiono finalmente acquisire un valore. Veri ideali che superano ogni ideologia, che meriterebbero di essere compresi, ascoltati, discussi e magari finalmente riproposti in un Parlamento che pare aver smarrito quella dignità che ogni manifestante rincorreva mentre  allontanava l'indiano radicale.

venerdì 7 ottobre 2011

Passaparola


Durante il mio primo anno di università un professore mi propose di studiare come si diffondessero le voci tra gli studenti all’interno della facoltà. Allora io lo guardai allucinato perché non credevo come questa questione potesse essere minimamente rilevante per una matricola stressata che voleva finalmente capire quali sarebbero stati i temi dell’esame.
La settimana scorsa ho comprato “L’arte del passaparola” di Andy Sernovitz e ho capito il valore di quella proposta.
Sernovitz è stato tra i prima a cogliere l’importanza delle “chiacchere” nel successo di un prodotto. La sua analisi è lineare, limpida, coraggiosa perché mette in fila una serie di pregiudizi, convinzioni e suggerimenti per chiunque si occupi di marketing o voglia semplicemente promuovere un idea.
Tutto ruota intorno ad una semplice convinzione: la gente ama parlare; probabilmente stanno già parlando di noi, quindi tanto vale intervenire nella discussione e dire cosa ne pensiamo.
La forza dei pareri e delle opinioni delle persone sono la chiave dell' apprezzamento di una proposta, dove la pubblicità non è più necessaria. Pensateci: chi di voi è mai stato in un ristorante suggerito da un amico? Quanti perchè sentito alla tv?
In un mondo in cui si vive di pubblicità questo libro fornisce suggerimenti, aneddoti, casi di successo e insuccesso, che finiscono con il convincerti che come recita la quarta di copertina “vi è solo una cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è non far parlare di sé”.
Lo so, non tutti sarete d’accordo, ma mentre lo state pensando siete gia vittime di un passaparola le cui conseguenze sfuggiranno ben presto alle vostre mani.

Cortocircuito

Alla fine dunque ci siamo. Assisto impotente ad un appiattimento culturale per me inverosimile. I fatti di Genova me lo mostrano crudamen...