Tempo fa ricordo di aver seguito un
interessante reportage che presentava le azioni di un reggimento militare
italiano specializzato in sminamento in Libano.
Il terreno impervio e la presenza di civili sul territorio
impediva loro di utilizzare macchinari specializzati nella loro azione, così che per mappare,
individuare e rimuovere gli ordigni di un’area dove erano presenti fino a 451
ordigni in 600 mq hanno dovuto intervenire con grande cautela per consentire
l’apertura di un primo varco sicuro dopo più di un anno di lavoro.
Un lavoro lento, meticoloso,
rischioso, ma assolutamente necessario se si voleva lenire l’emorragia di
mutilazioni e morti di quell’area riconsegnando un senso di sicurezza.
La situazione politico economica italiana
credo sia molto simile a quella di quel campo minato. Dobbiamo costruite un
percorso che ci permetta di riappropriarci del nostro futuro limitando
menomazioni o perdite. Non può bastare l’illusoria convinzione del movimento per sostenere di avere camminato, è
necessario definire un piano d’azione che ci consenta di vivere con
consapevolezza e realismo le difficoltà che ci attendono. Non si tratta di un percorso
definibile a priori ma è certamente possibile prendere alcune precauzioni che
possano aiutarci nel percepire contemporaneamente la complessità e la necessità
dell’azione sui nostri problemi.
Le mine antiuomo sono subdole, per questo
diviene imprescindibile affidarsi ad un gruppo esperto, determinato, al quale
non basti disinnescare un ordigno per sentirsi sollevato dall’azione, pronto a
consumare il proprio ruolo, a non farsi distrarre da null’altro che non sia il
proprio compito, pronto a studiare la prossima mossa.
I Nostri invece si gingillanno, le bombe
non esplodono, ma intanto tutto intorno si impara a fare a meno di noi.
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