giovedì 22 settembre 2011

Campo Minato


Tempo fa ricordo di aver seguito un interessante reportage che presentava le azioni di un reggimento militare italiano specializzato in sminamento in Libano.
Il terreno impervio e la presenza di civili sul territorio impediva loro di utilizzare macchinari specializzati nella loro azione, così che per mappare, individuare e rimuovere gli ordigni di un’area dove erano presenti fino a 451 ordigni in 600 mq hanno dovuto intervenire con grande cautela per consentire l’apertura di un primo varco sicuro dopo più di un anno di lavoro.
Un lavoro lento, meticoloso, rischioso, ma assolutamente necessario se si voleva lenire l’emorragia di mutilazioni e morti di quell’area riconsegnando un senso di sicurezza.

La situazione politico economica italiana credo sia molto simile a quella di quel campo minato. Dobbiamo costruite un percorso che ci permetta di riappropriarci del nostro futuro limitando menomazioni o perdite. Non può bastare l’illusoria  convinzione del movimento per sostenere di avere camminato, è necessario definire un piano d’azione che ci consenta di vivere con consapevolezza e realismo le difficoltà che ci attendono. Non si tratta di un percorso definibile a priori ma è certamente possibile prendere alcune precauzioni che possano aiutarci nel percepire contemporaneamente la complessità e la necessità dell’azione sui nostri problemi. 

Le mine antiuomo sono subdole, per questo diviene imprescindibile affidarsi ad un gruppo esperto, determinato, al quale non basti disinnescare un ordigno per sentirsi sollevato dall’azione, pronto a consumare il proprio ruolo, a non farsi distrarre da null’altro che non sia il proprio compito, pronto a studiare la prossima mossa.

I Nostri invece si gingillanno, le bombe non esplodono, ma intanto tutto intorno si impara a fare a meno di noi.

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